lunedì 26 ottobre 2015

Che Bello l' Amore in Tarda Età...

Che bello l'amore in tarda età...quando si apprezza la complicità e si è capaci di cogliere ogni attimo di gioia! La mia pratica clinica spesso mi ha fatto imbattere nei dubbi e nell'incertezza, ma anche nella gioia e nella consapevolezza, dell'amore più in là negli anni, in quella età quando sembra ormai quasi una meta impossibile. Eppure così non è. Quando il tempo diventa prezioso ecco che una storia leggera, senza pretese, o l'incontro della vita può giungere inaspettato. Indipendentemente dalle "sfumature di grigio", una liaison tra partner maturi ha le carte in regola per la felicità: feeling intellettuale, tenerezza, sesso senza ansie da prestazione. L'amore vissuto in tarda età non è solo possibile, ma può rivelarsi un'avventura profonda e coinvolgente in cui rispetto, fiducia e condivisione si armonizzano con l'urgenza di vivere ogni istante come se fosse l'ultimo, perché il tempo è poco, corre e vola via. Illuminante a tal proposito un'intervista a Lidia Ravera, 64 anni,  assessore alla Cultura e alle Politiche Giovanili della regione Lazio, autrice tra gli altri di "Porci con le ali". In "Piangi Pure" e in "Gli Scaduti" cerca, a sua detta, di dare l'idea che gli ultimi 30 anni della vita debbano essere intensi come i primi. Non bisogna avere paura della scadenza.
Così risponde Lidia Ravera alle domande poste a riguardo da una giornalista del settimanale F :
"Cosa si prova ad innamorarsi in tarda età?" 
"Un grande stupore, una benefica incredulità..."
"La passione può essere intensa come in gioventù?"
"Quella dei sensi è meno intensa. Nulla ti trascina fuori da te stessa. Ma è bello far entrare lui dentro di te, mentalmente, pacatamente"
"Quanto influisce la paura di non piacere fisicamente?"
"E' il peggior nemico che si possa avere. Il settantenne del mio romanzo "Piangi Pure" dice alla sua sessantanovenne innamorata "Il bambino non è amato perché è bello. E' bello perché è amato".
 Lei a quel punto si rilassa. E riescono a fare l'amore"
"E' più forte l'intesa intellettuale?"
"Se l'uomo non ha bisogno di adornarsi di una giovane donna per sentirsi sicuro, e non ha paura dell' intelligenza femminile, si"
"Rispetto all'amore giovanile cosa cambia in meglio e cosa in peggio?"
"Non devi piacere a tutti. Sei più sicura, autonoma, ma hai meno vita davanti. Non puoi sbagliare"

L'amore è il vero antagonista del tempo...e chi pensa di averne tanto troppo spesso non se ne rende conto.


Manuela Carone

mercoledì 22 aprile 2015

Fatema Mernissi: un'interessante punto di vista sulla taglia 42

Lo hijàb dell'Occidente: la taglia 42

"Fu in un grande magazzino americano, nel corso di un fallimentare tentativo di comprarmi una gonna di cotone, che mi sentii dire che i miei fianchi erano troppo larghi per la taglia 42. Ebbi allora la penosa occasione di sperimentare come l'immagine di bellezza dell'Occidente possa ferire fisicamente una donna e umiliarla tanto quanto il velo imposto da una polizia statale in regimi estremisti quali l'Iran, l'Afghanistan o l'Arabia Saudita".

Nel capitolo finale del libro L'Harem e l'Occidente (2000), considerato il suo capolavoro, la sociologa Fatema Mernissi espone una sua idea molto provocatoria secondo la quale se le donne musulmane hanno il dovere di indossare il velo, quelle occidentali vivono oppresse dall'obbligo di "entrare" nella taglia 42, imposto dai "profeti della moda". Ecco il simpatico dialogo, riportato dalla Mernissi, che ha avuto luogo tra lei e la commessa:
"La commessa aggiunse un giudizio condiscendente che suonò per me come la fatwa di un imam:
- Lei è troppo grossa!
- Troppo grossa rispetto a cosa? 
- Rispetto alla taglia 42. Le taglie 40 e 42 sono la norma. Le taglie anomale come quella di cui lei ha bisogno si possono comprare in negozi specializzati. All'improvviso in quel tranquillo negozio americano in cui ero entrata così trionfalmente nel mio legittimo status di consumatrice sovrana, pronta a spendere il proprio denaro, mi sentii ferocemente attaccata:
- E chi decide la norma? Chi lo dice che tutte devono avere la taglia 42?
- La norma è dappertutto, mia cara, su tutte le riviste, in televisione, nelle pubblicità. Non puoi sfuggire. C'è Calvin Klein, Ralph Laurent, Gianni Versace, Giorgio Armani, Mario Valentino (...) Da che parte del mondo viene lei?
- Vengo da un paese dove non c'è una taglia per gli abiti delle donne. Io compro la mia stoffa e la sarta o il sarto mi fanno la gonna di seta o di pelle che voglio. Non devo fare altro che prendere le mie misure ogni volta che ci vado. Nè la sarta nè io sappiamo esattamente la misura della gonna nuova. Lo scopriamo insieme mentre la si fa. A nessuno interessa la mia taglia in Marocco fintanto che pago le tasse per tempo. Attualmente non so proprio quale sia la mia taglia, a dire il vero. (...)"


Dal passato al presente, Fatema Mernissi non evita affatto il problema della condizione femminile attuale nei paesi islamici a regime fondamentalista e la confronta con quella dell’Occidente. Accettare la poligamia e l’obbligo del velo, scrive e tanti altri divieti insensati (è di questi giorni la disobbedienza civile delle donne dell’Arabia Saudita contro il divieto di guidare l’automobile), è prestarsi alla farsa del potere, così come in Occidente assumere l’aspetto della bellezza televisiva, anoressica e dipinta, è prestarsi alla farsa del mercato. In entrambi i casi le donne esistono solo attraverso lo sguardo degli altri, degli osservatori, che in un caso vietano e nell’altro esibiscono, ma sempre negano alle donne la loro realtà di soggetti. “Congelate” nella loro passività, scrive Fatema Mernissi, la donna islamica obbligata in passato a vivere nell’harem, e oggi a indossare il velo, e la donna occidentale soggetta alla “dittatura” dell’apparire e “della taglia 42”, finiscono per assomigliarsi. Ne "L’Harem e l’Occidente" leggende islamiche, arte asiatica e impegno democratico convivono in modo molto originale, contrastando luoghi comuni, di ieri e di oggi, tra Oriente e Occidente; e allo stesso tempo, condannando la sopraffazione delle donne da parte del fondamentalismo in mano maschile, incoraggia alla consapevolezza dell’importanza della comunicazione reciproca tra uomini e donne, comunicazione che non può essere autentica senza che le due “metà del mondo” siano sullo stesso piano.


Marianna Carone



Fonti:
http://www.psychiatryonline.it/
M.Fatima "L'Harem e l'Occidente", Giunti Editore, 2006


martedì 29 luglio 2014

Animus e Anima

Lo ha raccontato molto bene Jung: esiste un "animus" femminile e un' anima"maschile". Quando queste parti, ossia animus e anima, si trovano unite, allora, secondo Jung, si verifica la congiunzione degli opposti che porta al risultato di un essere umano armoniosamente risolto nella sua completezza. La nostra storia ha puntato sempre su una differenziazione nettissima tra i due sessi ma attualmente le cose sono più complesse. Innanzitutto per quanto riguarda l'estetica i parametri sono cambiati. Oggi il modello femminile proposto è quello di una donna con un corpo molto mascolinizzato ma che paradossalmente presenta attributi sessuali enfatizzati: seno enorme, labbra gonfiate. Il messaggio è ambivalente, un corpo magro, muscoloso, maschile con esplicite caratteristiche femminili. Gli uomini lo hanno accettato ma in tema di attrazione vale molto di più l' animus ossia il coraggio, la sicurezza, non tanto la bellezza.
Anche per gli uomini si può parlare di una femminilizzazione dell'immagine e i lati femminili che le donne apprezzano in un uomo sono la capacità di dialogo e di ascolto. Le donne amano le parole, in fondo ne hanno bisogno. Gli uomini invece molto meno, e questo per ragioni legate puramente all'anatomia cerebrale. Il cervello maschile infatti possiede aree "associative" legate al linguaggio decisamente meno sviluppate rispetto a quelle preposte all'azione. Quindi si differenzia molto dal cervello femminile. Esistono però uomini che attraverso un'infanzia dominata da figure positive di madri, sorelle e altre figure positive femminili imparano a usare il canale verbale per comunicare con le donne. E questi alla fine sono gli uomini più apprezzati. Però un uomo che "pensa femminile" alla fine non piace, quindi la femminilità, l'anima jungiana, negli uomini deve essere sempre dosata. Per le donne mascolinizzarsi è stato indispensabile per intraprendere il loro percorso, essere prese in considerazione diventando più assertive, più dure, più forti, meno inclini a mostrare le emozioni. Insomma hanno dovuto assumere anche quei tratti meno positivi del maschile. Questo modo di essere delle donne agli uomini non piace...e intimorisce! Allo stesso tempo il modello di donna "vittima sacrificale" se all'inizio può essere gratificante, alla fine diventa soffocante. Il famoso animus ci vuole sempre. Nella pratica ciò si traduce nell'immagine di una donna che agisce con grande fermezza e non si modifica per compiacere l'uomo, ma resta fedele a se stessa. Una donna che sa tener testa in una discussione senza esser presa dal panico dell'abbandono o dalle lacrime. In fondo, come diceva fin dall' Ottocento la psicanalista Lou Andreas-Salomè, per le donne tutto si risolve nella capacità di esprimere la propria forza con grazia. Caratteristica che gli uomini non possiedono. E ci invidiano molto.

dott.ssa Manuela Carone

Bibliografia:
C.G. Jung "L'Io e l'Inconscio"  Bollati-Boringhieri 1977
E.Poli "Lei e Lui  cervelli a confronto" www.animaeventi.com
Lou-Andreas Salomè "Il mito di una donna" Guaraldi 1980

7

lunedì 3 febbraio 2014

LE NUOVE LINEE GUIDA PRATICHE PER IL TRATTAMENTO DELL’OBESITÀ

L’American College of Cardiology (ACC), l’American Heart Association (AHA) e l’Obesity Society in collaborazione con il National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) hanno rilasciato il 12 novembre 2013, le nuove linee guida pratiche per il trattamento dell’obesità.
Il panel di esperti (Panel) è stato convocato nel settembre 2008 dal NHLBI in collaborazione con il National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases (NIDDK) per aggiornare le linee guida cliniche dell’obesità del 1998 – tradotte anche in italiano e note come LIGIO. 
Il Panel ha considerato le nuove evidenze sulla valutazione e il trattamento del sovrappeso e dell’obesità, in particolare negli individui con altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari e diabete. 
Le linee guida complete possono essere scaricate dal sito http://onlinelibrary.wiley.com/journlal/10.1002/(ISSN)1930-739X, qui di seguito riportiamo un sintesi in 10 punti:

1. Cinque domande critiche
Circa 78 milioni di adulti negli Stati Uniti hanno una condizione di obesità, che li pone a rischio di morbilità per una varietà di condizioni, tra cui il diabete, malattia coronarica e ictus. Un panel di esperti è stato assemblato per sviluppare un elenco di domande critiche da affrontare. Cinque domande mirate sono state selezionate sulla base della rilevanza per gli operatori sanitari che lavorano spesso con i pazienti obesi, e per fornire un aggiornamento sui benefici e i rischi della perdita di peso raggiunti con diversi approcci. Non sono state incluse domande relative alla genetica dell’obesità, al disturbo da alimentazione incontrollata, alla farmacoterapia, e al costo-efficacia degli interventi per gestire l’obesità. Le cinque domande critiche identificate sono state le seguenti:
1. Perdita di peso e riduzione dei fattori di rischio, eventi e mortalità per le malattie cardiovascolari (CVD).
2. Cut-points attuali per il BMI e la circonferenza vita in relazione al rischio CVD.
3. Differenti diete in relazione alla perdita e al mantenimento del peso.
4. Programmi comprensivi di modificazione dello stile di vita per la perdita e il mantenimento del peso.
5. Chirurgia bariatrica per la perdita e il mantenimento di peso e impatto sui fattori di rischio CVD e sulla mortalità a breve e a lungo termine.

2. Misurazione del BM della circonferenza vita
• Si raccomanda al medico di misurare il peso e l’altezza e di calcolare il BMI durante la visita annuale o più frequentemente per identificare i pazienti che necessitano di perdere peso.
• Si raccomanda di usare gli attuali valori soglia per il sovrappeso (BMI >25,0-29,9 kg/m2) e l’obesità (BMI >30 kg/m2) per identificare gli adulti che possono essere a rischio di CVD.
• Un valore soglia per l’obesità (BMI >30 kg/m2) dovrebbe essere usato per identificare gli adulti con aumentato rischio per tutte le cause di mortalità.
• I pazienti che sono sovrappeso o obesi dovrebbero riceve l’informazione che il loro livello di BMI li pone ad aumentato rischio per CVD, diabete di tipo 2 e tutte le cause di mortalità.

3. Misurazione della circonferenza vita
• La circonferenza vita dovrebbe essere misurata alla visita annuale o più frequentemente negli adulti sovrappeso e obesi.
• I valori soglia per una circonferenza vita elevata che possono essere usati sono quelli definiti dal National Institutes of Health or World Health Organization (> 88 cm donne; > 102 cm uomini).
• I pazienti che hanno una circonferenza vita elevata dovrebbero essere informati che i loro livelli di BMI li pongono ad aumentato rischio per CVD, diabete di tipo 2 e tutte le cause di mortalità.

4. Modesta perdita di peso
• Gli adulti sovrappeso e obesi con fattori di rischio CVD (incluso l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia e l’iperglicemia) dovrebbero essere informati che anche una modesta perdita di peso (3-5% del peso corporeo) può determinare importanti benefici per i trigliceridi, la glicemia, l’emoglobina glicata e lo sviluppo di diabete. 
• Una maggiore perdita di peso (>5%) può ridurre ulteriormente la pressione arteriosa (sia la sistolica che la diastolica), migliorare all’assetto lipidico (sia il colesterolo LDL sia il colesterolo HDL) e la necessità di farmaci per controllare la pressione arteriosa, la glicemia e i lipidi.

5. Diete
• La prescrizione di una dieta per perdere peso è raccomandata come parte di un programma comprensivo di modificazione dello stile di vita, una componente del quale comprende un piano per raggiungere una riduzione dell’introito calorico.
• Qualsiasi dei seguenti metodi può essere usato per ridurre l’introito di cibo e calorico:
1. Prescrivere 1.200-1.500 kcal/die per le donne e 1.500-1.800 kcal/die per gli uomini (i livelli di kcal sono usualmente aggiustati per il peso corporeo individuale).
2. Prescrivere un deficit energetico di 500 kcal/die o 750 kcal/die.
3. Prescrivere una dieta basata sull’evidenza che restringe certi tipi di cibi (come i cibi ricchi in carboidrati, i cibi poveri di fibra, o cibi ricchi di grassi) al fine di creare un deficit energetico riducendo l’introito di cibo. 

6. Dieta basata sulle preferenze del paziente
• La prescrizione della dieta dovrebbe basarsi sulle preferenze e sullo stato di salute del paziente, preferibilmente con la consulenza di un nutrizionista.

7. Programma intensivo di modificazione dello stile di vita
• Agli adulti sovrappeso e obesi che beneficiano della perdita di peso è raccomandato di partecipare per almeno 6 mesi a un programma intensivo di modificazione dello stile di vita basato sulla terapia comportamentale che aiuta i partecipanti a migliorare l’aderenza alla dieta ipocalorica e ad aumentare l’attività fisica.
• Si raccomanda che programmi includano un intervento intensivo di perdita di peso (es., >14 sedute in 6 mesi) somministrato individualmente o in gruppo da personale formato (es. dietista, psicologo specialista dell’esercizio, consulente della salute).
• Le componenti principali dei programmi di modificazione dello stile di vita intensivo sono tre: 1) la prescrizione di una dieta moderatamente ipocalorica; 2) la prescrizione di un programma di incremento dell’attività fisica, e 3) l’uso di strategie derivate dalla terapia comportamentale per favorire l’aderenza alla dieta e alle raccomandazioni dell’attività fisica.
• Programmi somministrati per via elettronica (incluso il telefono) che includono un feed-back personalizzato da parte di personale formato possono essere prescritti per la perdita di peso, ma determinano un minore calo ponderale rispetto agli interventi faccia a faccia.
• Alcuni programmi commerciali che forniscono un programma di modificazione dello stile di vita possono essere prescritti come opzione per la perdita di peso, se la loro evidenza di efficacia e di sicurezza è stata pubblicata in riviste peer-review. 

8. Very Low Calorie Diet
• Si raccomanda che le Very Low Calorie Diet (definite se <800 kcal/die) siano usate solo quando sono disponibili un monitoraggio medico e clinici esperti e solo come parte di un programma molto intensivo di modificazione dello stile di vita.

9. Mantenimento del peso perduto
• Si raccomanda che il mantenimento del peso perduto sia una componente del piano del paziente di perdita di peso.
• Si raccomanda la partecipazione a un programma di mantenimento del peso perduto con contatti almeno mensili a lungo termine (>1 anno). 
• I programmi dovrebbero includere contatti regolari, faccia a faccia o via telefono, con personale formato, per incoraggiare il paziente ad adottare elevati livelli di attività fisica (200-300 minuti/settimana), misurare il peso corporeo (almeno 1 volta la settimana) e aderire a una dieta con contenuto calorico ridotto (necessaria per mantenere un peso corporeo più basso).

10. Terapia farmacologica e chirurgia bariatrica
• Negli individui con BMI >30 o BMI >27 con condizioni di comorbidità associate all’obesità che sono motivati a perdere peso, la terapia farmacologica può essere considerata come aggiunta al programma comprensivo di modificazione dello stile di vita per raggiungere gli obiettivi di perdita di peso e di salute.
• Negli adulti con un BMI >40 o un BMI >35 con condizioni di comorbidità associate all’obesità che non hanno risposto ai trattamenti comportamentali con o senza terapia farmacologica, la chirurgia bariatrica può essere un’opzione appropriata.
• Per gli individui con un BMI <35 non c’è una sufficiente evidenza per raccomandare le procedure di chirurgia bariatrica.
• La chirurgia bariatrica dovrebbe essere considerata come un’aggiunta ai trattamenti di modificazione dello stile di vita: trattamento comportamentale, modificazione dietetica e attività fisica.




Fonte: 2013 Management of Overweight and Obesity in Adults.

mercoledì 10 luglio 2013

Il Femminicidio...le caratteristiche di personalità della vittima e dell'agressore

In lingua inglese il termine femicide (femicidio) veniva usato già nel 1801 in Inghilterra per indicare "l'uccisione di una donna". Il termine è stato utilizzato dalla criminologa Diana Russell nel 1992, nel libro scritto insieme a Jill Radford "Femicide: The Politics of woman killing". La Russell identificò nel femmicidio una categoria criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna», in cui cioè la violenza è l'esito di pratiche misogine. Dopo che il "delitto d'onore" è stato depennato dalla nostra legislatura, dopo le battaglie sull'uguaglianza uomo-donna, dopo la presa di coscienza dei propri dritti da parte delle donne, dopo la faticosa ricerca dell'inserimento nel mondo del lavoro e dopo la vitale esigenza della ricerca di un'indipendenza economica che renda veramente libera la donna la parola femminicidio è tristemente attuale.
Questa triste realtà si compie all'interno di una dinamica di coppia ben precisa nella quale entrano in gioco altrettanto precise caratteristiche di personalità. La vittima è infatti spesso una persona fragile, con forte dipendenza di personalità, una necessità eccessiva di essere accudita e un comportamento sottomesso e terrore di un'eventuale separazione. Tutto questo di solito si struttura nell'infanzia quando un genitore (il padre) assente o svalutante tende ad attaccare fisicamente o verbalmente la madre e/o i figli. Quando per esempio un lui è un narcisista distruttivo, inevitabilmente una donna sensibile che tende a dare valore alla famiglia, più che altro, si annulla, si pietrifica, prosciugando ogni traccia di autostima e blocca una sana capacità di amare e reagire adeguatamente. D'altronde le bambine che assistono a perenni attacchi tra un carnefice, che è pur loro padre, e una vittima, la madre, con conseguenti sottomissioni e tracce perenni di quegli abusi, giurano a se stesse che mai accetteranno un marito che assomigli al padre detestato e si pongono anche in contrapposizione con quella madre, la loro, che non osa ribellarsi o uscire da quell'inferno portandosi via naturalmente anche i figli. Logicamente sarebbe semplice agire in modo che se si rifugge da un esempio, guardandosi intorno se ne può accogliere un altro. L'inconscio però, padrone assoluto del nostro fare inconsapevole, spinto da un desiderio vitale di necessaria alimentazione emozionale e tensionale, nostro malgrado, finisce per portarci verso persone che più di altre possono riattivare una coazione a ripetere già conosciuta  che ha lasciato un solco indelebile. Ed è molto spesso così che allora, quelle bambine, diventate donne, vengono meno al loro giuramento e inconsciamente sono portate ad essere qualche cosa di molto simile alle loro madri o nonne. Scelgono un partner maschile che all'inizio della relazione le affascina con un fare delicato e dolce , un uomo che nella prima fase della relazione si mostra innamorato, fa sentire la donna "scelta" per alcune sue caratteristiche positive ed uniche. E' frequente in questi casi un'accelerazione del coinvolgimento e della scelta di convivere o sposarsi. La relazione sembra speciale, unica e diversa da tutte e altre. L'uomo si mostra possessivo e spesso anche geloso. Ciò fa credere alla donna, rispetto ad una serie di stereotipi culturali sull'amore, di essere importante e di aver trovato la persona giusta. Le richieste irragionevoli e le manovre di isolamento iniziano subito ad affacciarsi e sono attuate dal futuro aggressore con ricatti emotivi tesi a far sentire in colpa e inadeguata la partner. I comportamenti della donna vengono sottolineati con cruccio e frasi tipo "Se vuoi questo...vuol dire che non mi ami veramente...se fai quest'altro...allora non te ne importa nulla di noi..non sei intelligente come pensavo, non puoi essere una buona moglie..." La donna cade nel tranello teso dal suo stesso romanticismo e dalla paura e non è poi in grado di sciogliere rapporti questo tipo. 
Cosa pensare dei carnefici? Spesso anche per loro assistere alle devastanti dispute fatte di guerriglia famigliare è deletereo, forse diventeranno uomini deboli per controbilanciare gli accadimenti dolorosi o forse purtroppo, impareranno che per essere "maschi" così si fa e, se lo faceva il padre, si può. 

dott.ssa Manuela Carone

grazie a dott.ssa Daniela Poggiolini e IKOSSAGEFORM

fonti
Vanity Fair del 07/06/2013
Wikipedia
Barbara Spinelli, "Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale"


venerdì 31 maggio 2013

Riflessione sulla coppia e sul significato del vero amore....

Il matrimonio
Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre.
Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
Sì, insieme anche nella tacita memoria di Dio.
Ma vi siano spazi nella vostra unione,
e fate che i celesti venti danzino tra voi.
Amatevi reciprocamente, ma non fate dell’amore un laccio:
Lasciate piuttosto che vi sia un mare in moto tra le sponde delle vostre anime.
Riempa ognuno la coppa dell’altro, ma non bevete da una coppa sola.
Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta.
Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno di voi resti solo,
così come le corde di un liuto son sole benchè vibrino della stessa musica.
Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro.
Poichè solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori.
E restate uniti, benchè non troppo vicini insieme,
poichè le colonne del tempio restano tra loro distanti,
e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.
(Kahlil Gibran)

giovedì 24 gennaio 2013

Test delle intolleranze il parere di un esperto.

Intolleranze alimentari, attenti ai test inutili
Da un articolo pubblicato su La Republica- Salute, il 18  maggio 2012
" Le intolleranze alimentari che l’OMS raggruppa con le allergie tra le “reazioni avverse al cibo”, sono tuttora uno dei capitoli più controversi della Nutrizione clinica. Le incertezze diagnostiche provengono dalla scarsa attendibilità di alcune procedure giudicate carenti di validità scientifica, sia dall’Accademia Americana di Allergia e Immunologia, sia dalle consorelle europee. Mentre per le vere allergie il laboratorio consente valutazioni obiettive, per la presenza di specifiche immunoglobuline, tutto resta mal definibile quando si passa alle cosiddette intolleranze, idiosincrasie o comunque a meno gravi ma fastidiose “reazioni avverse” ad uno o più cibi.
In assenza di risposte certe dal laboratorio dilagano i test “alternativi”, costosi e spesso inutili. L’American Gastroenterologic Association ha perfino dettagliato, accanto ai test orientativi, anche quelli senza valore (Test cutaneo intradermico con cibo, Test di citotossicità, Misura dell’attività elettrica cutanea, Biorisonanza, Conta delle pulsazioni pre e post cibo sospetto, ecc.).
Il dato più scoraggiante della vicenda non sta nel prosperare del sottomercato commerciale, quanto nel danno alla salute che può derivare dalle conseguenti diete. Diete severissime, con esclusione di interi gruppi di alimenti e quindi destinate ad aggiungere anche la beffa della malnutrizione, causata dalla monotonia alimentare e dalle carenze conseguenti.
Tra le intolleranze enzimatiche più diffuse rientra il deficit di lattasi, ovvero l’intolleranza al lattosio che può essere documentata con il testo del respiro o breath test. Attenzione, quindi, a scegliere per la diagnosi e cura dei veri specialisti (meglio se in un apposito centro ospedaliero o universitario) piuttosto che il mago di turno."

Primario Emerito Dietologia e Diabetologia · Specialista in Scienza dell'Alimentazione e in Gastroenterologia